Opinioni

Un “Modello Nicolini” per Vibo Valentia Capitale Italiana del Libro 2021

ViViCity si apre al confronto di idee per cogliere nel migliore dei modi le opportunità offerte da questo prestigioso riconoscimento

In un periodo in cui prevale l’individualismo, spesso accompagnato anche da una sterile contrapposizione, c’è bisogno di un nuovo modello di integrazione sociale e culturale in grado di proiettare Vibo Valentia verso nuovi orizzonti del sapere, nuovi traguardi sociali.

Torna così alla mente quel modello di “Estate romana” di Renato Nicolini, un progetto che tra le altre cose ebbe il pregio di rompere l’isolamento delle periferie romane. Un modello di politica culturale che a quel tempo andava in controtendenza rispetto alla “storica abitudine italiana di forte accentramento della cultura e di divisione classista dell’accesso al sapere, di tradizionale appannaggio delle élite”.

Perché è certo che, quando i cittadini e la politica interagiscono, le città ritornano a respirare.

Potrebbe essere questa la soluzione per ridare identità e cultura ad una città che per un anno rappresenterà la “Capitale italiana del libro”. Una occasione storica che potrebbe cambiare il corso di un capoluogo dalle nobili radici ma che da qualche tempo vive una sorta di degrado, soprattutto sociale ed economico. Che la città non sia più quella di un tempo lo si intuisce subito camminando per vicoli e piazze deserte, le stesse in cui un tempo popolava la vita.

La città, con i suoi luoghi di incomparabile bellezza, si presta a diventare un teatro all’aperto, in costante movimento, sul modello di quella che è stata la ormai celebre “Estate romana” che ha avuto in Nicolini il suo ideatore. Siamo nel 1977, come si ricorda, l’allora giovane assessore alla cultura Renato Nicolini e il sindaco Giulio Carlo Argan, storico dell’arte prestato alla politica, lanciano un modello di partecipazione culturale che trasforma la capitale, collegando il centro alla periferia. Un modello di integrazione straordinario, emulato in tutto il mondo. L’idea, con le dovute proporzioni e adattamenti si intende, potrebbe riprendere quel modello di partecipazione grazie al quale le periferie vibonesi diventano un tutt’uno con il capoluogo, trasformando vicoli e piazze in luoghi di incontro, di partecipazione, di condivisione sociale e culturale. Strade, vicoli, piazze in continuo movimento, coinvolgendo i cittadini e gli operatori economici per ridare nuova linfa anche all’economia.

È la cultura che esce dagli storici palazzi, di indubbia bellezza, per abbracciare la città. Ovviamente è necessario ritrovare il modello identitario, uscendo dall’individualismo e superando la sterile contrapposizione per sposare una rinnovata sinergia di intendi, di condivisione di progetti, di interazione tra cultura, politica ed economia. Un modello partecipativo che si contrappone all’individualismo, nella consapevolezza che la cultura deve essere inclusiva, se esclude non è più cultura, è altro.

È una strada, già sperimentata altrove per “riaccendere la città”, facendo in modo che Vibo Valentia non sia la “capitale del libro” solo per un anno ma che l’occasione rappresenti un punto di partenza per rivedere nel capoluogo quel tanto decantato “giardino sul mare”.