Giovanni Parisi, campione olimpico nella boxe a Seul 1988, scomparso in uno sfortunato incidente qualche anno fa, sembra essere stato completamente dimenticato dalla sua città natale, Vibo Valentia.
Eh sì, mentre si discetta se intitolare una strada ad Almirante o Berlinguer (grandi politici, per carità), nel capoluogo della Costa degli Dei ci si dimentica di tanti figli illustri. Tra questi Giovanni Parisi. A lui è stato dedicato un centro sportivo, in maniera quasi anonima, ma nulla di più: nè una via, nè un monumento lo ricordano. Eppure a Voghera, sua città adottiva hanno fatto tanto di più. Anche la Regione dormicchia, eppure Parisi è l’unico campione olimpico della Calabria nell’era moderna della competizione, da quando De Coubertin decise di riprendere i giochi dell’antica Olimpia.
Di seguito pubblichiamo il mio ricordo di Giovanni Parisi, pubblicato sull’edizione cartacea di ViboSport dopo la sua scomparsa il 25 marzo 2009.
L’ultima volta ci eravamo sentiti un paio di mesi fa per il Premio Valentia. I suoi impegni e i nostri tempi ci avevano convinti alla fine di rinviare tutto alla seguente edizione. “Mi dispiace non potere esserci – mi disse – perché Vibo Valentia e la Calabria sono sempre nel mio cuore”. Ci legava una lunga e silenziosa amicizia, iniziata nel 1995 quando per radio Onda Verde e per il mensile Cercatrova lo intervistai. Fu in quella occasione che mi confidò un suo sogno: combattere nella sua città natale per qualcosa di importante, un titolo mondiale. Fu così che, quando il suo desiderio divenne realtà – era il 1997 – per l’impegno della amministrazione provinciale guidata da Enzo Romeo, mi volle accanto quale addetto stampa della manifestazione. Fu un’esperienza bellissima ed unica che custodisco gelosamente nel mio cuore. Flash vinse battendo nettamente lo spavaldo inglese Wenton.
Parisi con la sua azione scintillante, di fantasia e coraggio, di tecnica e di stile, era sinonimo di pugilato. Adesso non c’è più. In fondo ci ha lasciato come ha vissuto, senza mai fermarsi. Mercoledì sera (25 marzo 2009) alle 20,40, sulla tangenziale di Voghera, la sua vita si è fermata per sempre.
Quella di Giovanni, nato a Vibo Valentia il 2 dicembre 1967, è stata anche la storia, dura e struggente, di un bambino che piccolissimo prese un treno e arrivò nell’Oltrepò pavese al seguito di mamma Carmela. Una donna, la madre, capace di sobbarcarsi le durezze di una vita difficile e di stenti. Arrivata a Pavia con i figlioletti (Giovanni, Rosario e Giulia), dovette affrontare anni spietati e intensi. Gli anni in cui Giovanni carpì dalla madre, cui dedicò tutte le vittorie dopo la sua morte, la voglia di combattere, di emergere.
Scuola elementari e medie statali a Voghera, ma anche tanto oratorio al Don Orione. E tanto pallone. Giovanni era un centrocampista con buone doti. Lo cercava il Casteggio Calcio, ma lo travolse la passione per la boxe. Lo catturarono le storie di campioni che gli raccontava Livio Lucarno, il suo primo allenatore.
Giovanni diventò presto campione d’Italia dilettanti (1985-1986) e, sovvertendo ogni pronostico della vigilia, si appese al collo la medaglia d’oro Olimpica a Seul nel 1988 battendo in finale il rumeno Daniel Dumitrescu, vittoria dedicata alla mamma che era scomparsa qualche mese prima. Il 15 febbraio 1989 a Vibo Valentia, evento voluto dall’allora sindaco Ulderico Petrolo e dall’assessore allo sport Rocco Cantafio, esordì tra i professionisti, battendo per ko lo statunitense Kenny Brown.
Il 28 settembre 1991 si laureò campione d’Italia dei professionisti dei leggeri e un anno dopo il 25 settembre, conquistò la prima corona Mondiale dei leggeri Wbo superando per kot alla decima ripresa il messicano Javier Altamirano. Difese con successo il titolo fino al 1994, per poi varcare l’oceano e tentare la grande sfida nei superleggeri con El Campeon, Julio Cesar Chavez, messicano dai pugni duri. Per ottenere quella sfida andò incontro a Don King. Fu così che arrivò il match più atteso e sfortunato. Chavez vinse e finì l’avventura americana. Lasciato King si affidò all’esperienza di Salvatore Cherchi e all’intraprendenza del broker milanese Andrea Locatelli. Cui seguiranno Damiano Lauretta al fianco del suo primo maestro Lucarno.
Arrivò così l’immediata rinascita con Sammy Fuentes nel mondiale dei superleggeri Wbo. Un grandissimo match. Il Palalido di Milano in delirio e il ko che arrivò all’ottavo round (1996). Parisi rimase re incontrastato per tre anni. Rey, Miller, Wenton, Berdonce (a Catanzaro) vennero spazzati via, gli resistette soltanto il messicano Carlos Gonzales, che prima gli strappò il pari e poi a Pesaro il 29 maggio 1998 chiuse la prima parte della sua carriera. Il tempo per portare all’altare Silvia, strappata per amore alle sfilate milanesi di moda. Mettere su la villa nella campagna pavese, regalarsi tre figli.
Dopo il riposo del guerriero, Parisi puntò a nuove sfide. Cercò avventure che gli potessero regalare nuovi traguardi: la corona mondiale in una terza categoria di peso, passando per una tappa europea, unica corona ancora assente nella sua bacheca. Il suo ultimo vero match nel luglio 2000 a Reggio Calabria, allo stadio “Granillo”. Poi a causa di un infortunio alla mano sinistra, rimase fermo per due anni, tornando a combattere nel 2003 contro Mimoune. Chiuse la sua carriera nell’ottobre 2006, dopo una dura sconfitta ai punti inflittagli dal francese Klose. Nella sua carriera era salito sul ring 47 volte, con 41 vittorie di cui 29 per ko.
Se ne è andato un campione: chi vince un’Olimpiade è campione per sempre. E lui è anche l’ultimo calabrese ad averlo fatto. Per questo ci sentiamo di chiederedi intestargli una via o il palasport provinciale. Non c’è nessuno che come lui lo meriti.
(foto di copertina: Parisi in trionfo a Vibo Valentia sul ring allestito in località Ottocanali, 1997 – Archivio Vibosport)