Una delle prima diocesi della Calabria fu quella di Vibona Valentia. Secondo una leggenda, la chiesa vibonese fu fondata addirittura da san Pietro che qui si trovò a passare durante la sua predicazione, precisamente nel luogo dove si trova l’omonima frazione, alle porte di Vibo Marina.
Circa la fondazione della diocesi esistono scarni documenti, per cui dobbiamo fidarci della vox populi riportata nel tempo dagli storici, Qualche notizia documentata si ha a partire dalla fine del V secolo. Come tutte le altre chiese di Calabria, la Diocesi di Vibo Valentia dipendeva in origine dal patriarcato di Roma e aveva lingua e rito latini. Durante la dominazione bizantina, nella complessiva riorganizzazione voluta dall’Imperatore d’Oriente, le chiese calabresi adottarono il rito e la lingua greca, e furono soggette al metropolita di Reggio e al patriarca di Costantinopoli.
Della serie dei vescovi vibonesi conosciamo soltanto undici nomi, ma sicuramente furono almeno il doppio, non fosse altro che essi devono coprire un arco di ben sette secoli, per cui rimane impossibile anche provare a stilare una cronotassi un minimo attendibile di coloro che si sono succeduti sulla cattedra vibonese.
I VESCOVI DELLA CATTEDRA DI VIBONA. Il primo vescovo di conosciuto, secondo la tradizione, ripresa da Ferdinando Ughelli nella sua Italia sacra, sarebbe stato Somano o Romano, che prese parte al Concilio di Calcedonia nel 451. Attribuzione contestata già da Vito Capialbi nel suo Memorie per servire alla storia della Santa Chiesa Miletese, che lo attribuì alla città di Bubone nella Licia e non Vibona. Il primo di cui si ha notizia e certa attribuzione è Giovanni, documentato sul finire del V secolo. A Giovanni vescovo di Vibona è indirizzata una lettera di papa Gelasio I (deceduto nel 496 e proclamato santo), con la quale il pontefice chiede di regolare definitivamente il caso del cristiano Felice, sottoposto a giudizio. Gelasio I scrisse al vescovo Giovanni altre quattro lettere, in una di queste il vescovo di Vibona viene incaricato di visitare la chiesa di Squillace dove erano stati assassinati due vescovi e un usurpatore ne aveva occupata la sede. Giovanni, che sottoscrisse come Joannes Vibonensis, prese parte al Concilio Romano indetto da papa Simmaco il 1º marzo del 499 per stabilire norme precise per l’elezione dei vescovi di Roma.
Un altro vescovo di Vibona, il secondo conosciuto con certezza, è reso noto dall’epistolario di papa Pelagio I (556-561), è Rufino. In una lettera del 559, il pontefice loda l’operato del vescovo vibonese Rufino per avere deposto dalla carica un sacerdote che in un eccesso d’ira aveva cavato l’occhio di un diacono. Pelagio raccomanda Rufino di rinchiudere il colpevole in un monastero, e di non promuovere al sacerdozio il diacono.
Papa Gregorio Magno (590-604) ebbe particolare attenzione per la chiesa vibonese, tanto che dal suo epistolario si possono ricavare i nomi di due vescovi, cui diede anche importanti incarichi, per dirimere questioni di rilievo. Rufino nel 594, viene incaricato da Massimiano di Siracusa, su richiesta del Papa, di verificare il testamento lasciato da Dolcino vescovo di Locri contestato dal clero della città siciliana. Nel giugno 596, sempre Rufino è incaricato da Gregorio Magno di scegliere tra il clero della massa Nicoterana un sacerdote degno di sostituire temporaneamente il vescovo, all’epoca penitente per certe sue mancanze e trattenuto a Roma. Secondo alcuni storici Rufino II sarebbe una solo persona con l’omonimo dell’epistolario pelagiano, ma se così fosse avrebbe avuto una vita insolitamente lunga per un’epoca in cui le lotte per il potere erano all’ordine del giorno, anche nella Chiesa. In una lettera di Gregorio Magno datata tra novembre e dicembre del 598, il pontefice menziona il vescovo Rufino, come deceduto da poco, mentre il Rufino di cui parla Pelagio I era già in carica prima del 559, ma resta una ipotesi possibile.
L’altro vescovo documentato dall’epistolario gregoriano è Venerio. Diretto successore di Rufino, Venerio con una lettera databile ad aprile del 599 è incaricato dal pontefice di mettere a disposizione del suddiacono Sabino, rettore del patrimonio di San Pietro nel Bruzio, tutto l’occorrente per trasportare dai boschi delle Serre fino al mare i tronchi d’albero, che servivano a Roma per la costruzione delle basiliche di San Pietro e di San Paolo. Dello stesso periodo è la lettera con cui Venerio è incaricato da papa Gregorio di dirimere una lite sorta tra il vescovo Bonifacio di Reggio e il suo clero. Nel 600, viene incaricato dal Papa di visitare le diocesi di Turio e Tauriana, rimaste senza vescovo, e di predisporre in modo di fare eleggere i successori.
Subito dopo la storia ci tramanda i nomi di Papinio e Oreste. Papinio (o Papiniano) partecipò a Roma, al Concilio Lateranense indetto nel 649 da papa Martino, mentre Crescente (o Oreste) prese parte ai Concili Lateranensi del 679 e del 680 e sottoscrisse gli atti subito dopo papa Agatone. Secondo gli storici monteleonesi Martire e Bisogni, al termine dell’ultimo concilio, a Crescente succedette un tale Ercole, di cui non si sa nulla.
IL PASSAGGIO AL RITO BIZANTINO E A COSTANTINOPOLI: A questo punto si perde ogni traccia degli altri vescovi, probabilmente è in questo periodo che la diocesi passa sotto il patriarcato di Costantinopoli. La chiesa di Vibona è menzionata in diverse Notizie, dalle quali si desume una attività ininterrotta nel tempo. In una notizia di Basilio di Ialimbana nell’VIII secolo e nelle notizie episcopali della Calabria a partire dal IX secolo si parla della cattedra vibonese.
Ad inizio del X secolo è menzionata in una Notizia di Leone VI il saggio, promulgata sotto il patriarcato di Nicola I, come prima tra le suffraganee del metropolita di Reggio. Da queste Notizie si può desumere che la diocesi è ancora attiva a cavallo dell’anno mille, nonostante le incursioni islamiche abbiamo messo a dura prova la città. «È probabile che essa abbia subito un momento di grave crisi, peraltro non documentata dalle fonti, in concomitanza con le invasioni arabe che, soprattutto dalla fine del X secolo, dovettero toccare anche la città di Vibo», scrive Francesca Sogliani nel suo “Repertorio delle fonti scritte… di Vibo Valentia tra Tarda Antichità e Medioevo”.
Del periodo bizantino conosciamo i nomi di tre vescovi. Stefano partecipò nel 787 al secondo Concilio di Nicea, sotto la presidenza di Tarasio, patriarca di Costantinopoli e di lui non si sa altro. Giovanni è noto soltanto grazie ad un sigillo episcopale, databile alla fine dell’VII secolo. Un diploma scritto in greco, scoperto assieme a molti altri nel fondo “Messina” dell’archivio Fondación Casa Ducal de Medinaceli di Toledo e databile verso il 1080, riporta, infine, il nome di Niceta, che fu probabilmente l’ultimo vescovo di Vibona.
Con l’arrivo dei Normanni, il 4 febbraio 1081, con la bolla Supernae miserationis di papa Gregorio VII, la sede vescovile di Vibona fu trasferita a Mileto, su richiesta di Ruggero. Il trasferimento della sede episcopale fu motivato con la decadenza e l’abbandono di Vibona; tuttavia, come abbiamo visto, in quel periodo le istituzioni ecclesiastiche greche erano ancora attive e vitali. Allora che successe? Il vero motivo è da rintracciare nella volontà di Ruggero di dotare la sua città, eretta a capitale della Contea, anche della sede del potere religioso sul territorio. A tale richiesta papa Gregorio non poteva che assentire, poiché con la conquista della Calabria, il Bosso aveva sottratto le chiese calabresi alla dipendenza bizantina, restituendole alla chiesa romana. Di tutte le diocesi le uniche a subire il trasferimento e la soppressione furono Vibona e Tauriana che finirono accorpate ed assorbite dalla nuova diocesi di Mileto, che per la sua estensione territoriale divenne tra le più grandi della Calabria e non fu sottoposta ad alcuna metropolia, ma era immediatamente soggetta alla Santa Sede.
DOVE SORGEVA LA CATTEDRALE VIBONESE? Dove sorgeva la Cattedrale di Vibona? Gli storici sono divisi, ma a chi scrive pare possibile affermare che, alla luce dei ritrovamenti archeologici, essa sorgeva sul luogo dell’attuale Duomo, dove era sicuramente attestata l’antica chiesa di Santa Maria Maggiore. Il ritrovamento di una colonna con capitello negli anni settanta e di recente di quello che potrebbe essere il battistero, tutti di epoca tardo antica (V- VI secolo), lasciano pochi dubbi ain proposito. La Chiesa si trovava tra l’altro nel pieno dell’abitato della città di Vibona e non ai margini o extra moenia, come accadde per il duomo al momento del suo rifacimento. Solo la preesistenza di un edificio religioso importante e come tale riconosciuto dalla popolazione poteva giustificare la permanenza lontano dal nuovo abitato di Monteleone del Duomo, che generalmente, nel medioevo ed anche nel rinascimento, viene edificato nel cuore delle città. Difficile aderire alla tesi di chi vuole che la Cattedrale sorgesse a Piscopio, non solo per la derivazione del nome da Episcopio, ma anche per il ritrovamento di un mosaico del V secolo che testimonia la presenza di un edificio, probabilmente un tempio, un presidio fortificato o una tomba, di cui il mosaico segnava l’ingresso.
DIOCESI TITOLARE, ARCIVESCOVO ALDO CAVALLI. Oggi la Diocesi vibonese è stata ripristinata solo come titolare, cioè senza sede. Dal 1968 si sono succeduti tre vescovi: Andreas Rohracher (1969-1970), Luciano Angeloni (1970-1996) e Aldo Cavalli, dal 2 luglio 1996. Cavalli con il titolo di arcivescovo di Vibo Valentia è stato Nunzio Apostolico in Cile, Colombia, Malta, Libia ed attualmente dei Paesi Bassi.
Chissà che in Vaticano, a riconoscimento della fondazione attribuita a san Pietro e della storia della chiesa vibonese, non si faccia qualche pensierino per il ripristino della diocesi, seppure assieme a quella di Mileto – Nicotera e Tropea (con sede a Mileto) e con l’elevazione del Duomo di Santa Maria Maggiore e san Leoluca a Cattedrale.