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San Francesco di Paola e Ettore Pignatelli, duca di Monteleone: storia di una predizione avverata

L’intercessione del santo indusse re Luigi XII di Francia a liberare il nobile napoletano. L’eremita calabrese lo aveva guarito dalla lebbra e gli aveva predetto che sarebbe diventato Vicerè di Sicilia.

Perchè Ettore Pignatelli ha avuto in seno il furore sacro e religioso di edificare chiese e conventi? Perchè a Palermo e in Sicilia, e a Monteleone (Vibo Valentia) fiorirono, sotto il suo governo, conventi e monasteri soprattutto francescani? Cosa lo ha spinto? Eppure lui stesso non è stato un santo: con feroce determinazione ha spento rivolte e congiure nella sua città e nella capitale della Sicilia a difesa della corona di Carlo V.

Il suo cuore segreto ha un nome importante: san Francesco di Paola. Le cronache di fine quattrocento narrano che Ettore Pignatelli lo conosce di persona, ma non in Italia, non in Calabria, ma a Plessis le Tours in Francia. E come sono arrivati entrambi oltralpe? Ettore ci arriva da prigioniero di guerra del re francese Carlo VIII. Cosa era successo?

Papa Innocenzo VIII in conflitto con Ferdinando I di Napoli a causa del mancato pagamento di quest’ultimo delle decime ecclesiastiche, aveva scomunicato il re, offrendo il regno al sovrano francese Carlo VIII. Nonostante nel 1492 Innocenzo, in punto di morte, avesse assolto Ferdinando, il regno di Napoli era rimasto un obbiettivo della corte francese. A questo si era aggiunta la morte, quello stesso anno, di Lorenzo de’ Medici perno della stabilità politica tra gli stati regionali. Pacificati i rapporti con le potenze europee, Carlo VIII, vantando attraverso la nonna paterna, Maria d’Angiò, un lontano diritto ereditario alla corona del Regno di Napoli, aveva indirizzato le risorse della Francia verso la conquista di quel reame.

Il 22 febbraio 1495, in effetti, Carlo occupa Napoli senza praticamente combattere: il re Ferdinando II detto Ferrandino, è fuggito con tutta la corte in vista di una futura resistenza. Incoronato re di Napoli vi rimane fino a maggio quando il popolo e le armate napoletane, al grido di “ferro! ferro!”, nuovamente rinvigorite sotto le insegne aragonesi del giovane re Ferrandino, riescono a scacciare i francesi. E’ in questa occasione che Ettore Pignatelli viene fatto prigioniero e portato in Francia.

Francesco è già a Plessis le Tours da anni, quando vi arriva Ettore. Il futuro santo si trova in quella città perché nel castello dei Montils da tempo è stata trasferita la corte francese. Ma come ci è arrivato? Nel 1482 un mercante italiano, di passaggio da Tours dove si era trasferito re Luigi XI (1423-1482), gravemente ammalato, ne aveva parlato ad uno scudiero reale, che aveva informato il sovrano. Il re aveva inviato subito un suo messaggero in Calabria ad invitare il santo eremita, affinché si recasse in Francia per aiutarlo, ma Francesco aveva rifiutato l’invito. Allora il re francese si era rivolto al papa Sisto IV, il quale aveva ordinato all’eremita di partire per la Francia.

Arrivato in Francia, il santo era stato accolto dal re che, promettendogli di aiutarlo a diffondere l’Ordine, inginocchiatosi davanti a lui, lo aveva supplicato di guarirlo, ma dopo molte penitenze e preghiere, Francesco gli aveva detto che Dio aveva decretato di non restituirgli la salute. Il re, contro ogni aspettativa, non si era adirato, ma aveva accolto la notizia con rassegnazione e, sotto la direzione spirituale di Francesco, si era preparato alla morte riparando le ingiustizie commesse e ricevendo spesso i sacramenti.

Sul finire del 1495, dunque, quando Ettore Pignatelli arriva a Tours, Francesco è già lì, alla corte dei sovrani francesi. Saputo del prigioniero, l’eremita si reca spesso a fargli visita, ragionando con lui e consolandolo per le sofferenze che deve sopportare in un ambiente malsano. Ettore, infatti, patisce non solo per la prigionia, ma anche per la lebbra. In una delle visite, Ettore ormai disperando sulla sua sorte, raccomanda al futuro santo la sua liberazione. Francesco lo ascolta con attenzione e gli fa una predizione: a breve non solo avrebbe recuperato la sospirata libertà, ma a premio delle sue fatiche e sofferenze sarebbe diventato duca di Monteleone in Calabria e successivamente, con quel titolo, vicerè di Sicilia per 18 anni.

“Francesco, allora, presolo per mano, con un dolce sorriso il consolò, dicendogli: state pure di buon animo, signor Duca, voi in breve sarete libero e dalla lebbra e dalla prigione. Ritornerete nella patria, tra gli applausi de’ Cittadini, che daranno gloria alla vostra costanza, e tra gli onori del Re, che farà giustizia alla vostra fedeltà: sarete, indi a non molto, Vicerè nella Sicilia, e per lo spazio di diciotto anni governerete quel Regno. Allora ricordatevi di me, risguardando la mia persona… nelle persone de’ miei figliuoli, che io da quest’ora raccomando alla vostra generosa protezione e al vostro gentilissimo amore”, così descrive quell’incontro il vescovo Giuseppe Maria Perrimezzi nella sua “Vita di San Francesco di Paola” (1713).

L’intercessione del santo calabrese presso re Luigi XII vale la liberazione del futuro duca e vicerè dalla prigionia. Il Re francese, rientrato brevemente a Napoli, nel marzo 1502 lo assolve anche dal reato di fellonia per avere partecipato alla ribellione contro Carlo VIII. Gli concede inoltre il titolo di ciambellano e di consigliere e lo vuole alla sua corte.

Jacques Dumont, detto le Romain, Il re Luigi XI accoglie san Francesco di Paola al suo arrivo a Plessis-les-Tours – Musée des Beaux Arts, Tours

Ettore lo segue in Francia e successivamente rientra in Italia. Ferdinando il Cattolico, nuovo re di Napoli, lo nomina conte di Monteleone e nel 1527 Carlo V lo eleva a duca, dopo averlo nominato Viceré di Sicilia, carica che ricopre dal 28 maggio 1518 al 7 marzo 1535, giorno della sua morte.

Ettore conserverà sempre una profonda devozione per il santo calabrese e la sua potente protezione non mancherà mai all‘ordine dei minimi. Trascorsi pochi mesi dal suo arrivo a Palermo si premura subito a chiamare i frati minimi. Così per opera del vicerè Pignatelli, la Chiesa di S. Oliva, viene ceduta ai Religiosi di S. Francesco di Paola. Le prime notizie storiche sulla costruzione della nuova Chiesa si possono riscontrare nei volumi di Bandi e Provviste del Senato Palermitano che si conservano nell’Archivio Comunale di quella città, le quali fanno risalire al 9 novembre 1518, pochi mesi dopo l’insediamento del Pignatelli, la data in cui la Maestranza dei « Sartori » fece l’atto di cessione della Chiesa originaria ai Religiosi di S. Francesco di Paola. Sempre a Palermo istituisce una Badia di Monache sotto il titolo di san Francesco presso la chiesa dei Sette Angioli. Mentre a Monteleone edifica il convento dei Frati minori osservanti annesso alla chiesa di S. Maria di Gesù (1521). La città sede del suo ducato, grazie alla sua opera e a quella dei suoi successori, ben presto diventerà sede di ben 17 monasteri e 33 chiese!

Forse era destino che Ettore Pignatelli diventasse Duca di Monteleone e che con tale titolo girassero per il mondo i Pignatelli. Forse l’incontro con San Francesco è stato determinante nella scelta di Ettore I, che, nonostante l’ostilità di molte famiglie nobili, di valorizzare e arricchire il suo feudo. Tanto fiero che quando muore da viceré di Sicilia, come predettogli da san Francesco di Paola, a Palermo gli vengono tributati solenni funerali, ma Ettore dispone che la sua salma sia sepolta a Monteleone (Vibo Valentia) nella chiesa di S. Maria di Gesù (oggi detta la Nova), dove aveva fatto traslare – disponendo che fossero riposte in un sepolcro di marmo bianco opera dello scultore Antonello Gagini – le spoglie del figlio Camillo, conte di Borrello, a lui premorto nel 1529. Del suo sepolcro non resta più nulla – i francesi ne hanno fatto scempio nel 1806 – se non il suo stemma araldico nella volta della crociera dell’abside, oggi adibita a sacrestia, della chiesa vibonese da lui fatta edificare e arricchita di opere d’arte e sulla base in marmo del trittico da lui commissionato al Gagini, opera trasferita nel duomo di San Leoluca, perché la sua chiesa era stata adibita… a stalla.

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