Opinioni

Risolvere e ridurre gli incendi si può, lo sostiene Attilio Greco

A 78 anni è più il tempo dei ricordi che quello della speranza nel futuro, pur tuttavia spesso mi soffermo a considerare il futuro dei nostri giovani specie in questa stagione delle piaghe provocate dagli incendi e dalla inarrestabile desertificazione cui è soggetto il nostro pianeta e non posso rimanere inerme di fronte a tali sventure che ogni anno di più sembrano ineluttabili ed incontrollabili.

Quando poi sento parlare di economia eco sostenibile mi sembra, forse a torto, una scorciatoia parolaia che denota l’impotenza del potere a trovare le giuste terapie per sanare gli effetti di impatto delle enormi piaghe che caratterizzano l’eredità di un mondo in cui vivranno i nostri figli ed i nostri nipoti.

Allora mi torna in mente la mia fanciullezza vissuta nella frazione di Nicastrello, Comune di Capistrano ( VV ), durante la quale non esistevano gli incendi in campagna e nei boschi; la spiegazione? Eccola: le zone coltivate erano “ pulite “ per effetto della coltivazione; il sottobosco era mantenuto “pulito” perché quanto vi cresceva era periodicamente tagliato ed utilizzato come “combustibile” nelle “Calcare” per la produzione della calce viva; le “ calcare” infatti erano le fornaci per “ cuocere” la pietra calcarea alimentate appunto dalla raccolta degli arbusti, felci e quant’altro prodotto da madre natura e che i contadini dovevano pulire per avere delle buone coltivazioni e, conseguentemente, buoni raccolti. E’ naturale che mancando il combustibile gli incendi non potevano svilupparsi: eppure il fuoco, specie dopo la mietitura, fu sempre considerato un buon alleato dei coltivatori quando veniva innescato e controllato per bruciare le restoppie prima dell’aratura e della semina dell’anno seguente. Certo poteva capitare l’incidente ma i danni all’eco sistema  erano rari e di bassa gravità.

Attese le premesse, lungi da me sostenere un ritorno al passato in quanto significherebbe disconoscere il progresso e l’evoluzione delle tecnologie in tutti i settori economico-sociali.

Le cooperative ed  i loro consorzi sembrano, in generale, una risposta alla globalizzazione che tanto danno, a mio sommesso avviso, ha procurato in tantissimi settori della vita socio-economica.

L’aggregazione dei proprietari terrieri sollecitata e/o imposta dallo Stato o dalle regioni sarebbe uno strumento efficace specie se finanziata con forti contributi mirati alla riforestazione e pulizia dei terreni boschivi e non per l’acquisto e l’utilizzo di moderne attrezzature con le quali il consorzio possa far fronte a tali lavori utilizzando manod’opera specializzata.

I sottoprodotti provenienti da tale attività di pulizia del sottobosco e dei terreni potrebbero diventare utili per la combustione – si pensi al cippato opportunamente trasformato per l’alimentazione degli impianti di riscaldamento e la produzione di acqua sanitaria – oppure all’erbacce ed in genere a tutto il materiale erboso e di potatura utilissimo per la produzione di bio-gas e/o compost di qualità.

 I “Consorzi” andrebbero controllati perchè adempiano ai compiti per cui vengono costituiti e non rimangano solo “sulla carta” come spesso succede in Italia.  Per favorire l’attaccamento al proprio  “consorzio”  e l’interesse a che questo sia produttivo si potrebbe pensare di rendere i lavoratori dello stesso compartecipi degli utili rendendoli “azionisti” dell’azienda trattenendo mensilmente una piccola percentuale del salario.

Non essendo un economista, non sono in grado di fare il calcolo dei costi-benefici. Posso però elencare questi per sommi capi.

Innanzi tutto la contrazione degli effetti di impatto sugli abitat di fauna e flora; limitazione della produzione di anidre carbonica e quindi il suo assorbimento dai vari organismi viventi.

In secondo luogo i risparmi delle spese per lo spegnimento sia di mano d’opera che di mezzi aerei e terrestri e dell’impiego di enormi quantitativi di carburanti; i risparmi  derivanti da smottamenti, erosioni e frane provocati dal mancato assorbimento naturale delle piogge e/o precipitazioni metereologi che; i risparmi per la ri -piantumazione e, per ultimo i mancati ricavi dalla vendita del legname distrutto dagli incendi collegati alla necessità della ripiantumazione.

In terzo luogo la creazione di posti di lavoro necessari per la “pulizia” e la gestione  della produzione del biogas con la conseguente riduzione ( specie al Sud dove è più diffuso) del    “ reddito di cittadinanza” percepito da cittadini che potrebbero svolgere prevalentemente mansioni connesse alle attività forestali.

Non sfugga come in un paese dove si è allungata e continua ad allungarsi l’aspettativa di vita e dove la disoccupazione è una delle piaghe sociali, con l’andar del tempo porterà al default gli istituti previdenziali. Un tale deprecabile fenomeno può essere contrastato con i numerosi posti di lavoro che verrebbero a crearsi oltre a contribuire ad un maggior gettito di Irpef e d importante crescita del PIL ed il minor ricorso al reddito di cittadinanza.

Ma vi sono altri aspetti positivi che vengono di seguito elencati:

  • Il contributo all’approvvigionamento energetico da fonte rinnovabile ( il biogas prodotto);
  • La maggiore fruibilità del patrimonio boschivo reso più accessibile dalla continua”pulizia” che implica la maggiore cura e conservazione del territorio;
  • La possibilità di sviluppare attrezzature e tecnologie all’avanguardia per migliorare  i processi di lavorazione;
  • La riduzione dello spopolamento delle zone interne col conseguente abbandono dei territori ( il lavoro,quando c’è, trattiene la gente nel proprio ambiente ) ed il conseguente minore affollamento delle Città;
  • La creazione di una “ filiera industriale” che combattendo gli incendi, contribuirebbe alla lotta al cambiamento climatico ed alla transizione ecologica. 

Ed ecco alcune idee per il possibile finanziamento delle spese per realizzare il tutto:

In parte dovrebbero essere fornite dallo Stato (nella misura di almeno i 2/3 del risparmio che si avrebbe annualmente ed almeno per 10 anni) per l’abbattimento degli incendi che si realizzerebbe; in parte con finanziamenti europei nell’ambito dei programmi  perrla transizione ecologica; in parete da soci privati che volessero investire nel progetto; ed infine tramite una raccolta di crowdfunding. Attilio Greco