Cultura

Nino Manfredi, più attore che padre nel racconto del figlio Luca a Tropea

Presentato il libro Un friccico ner coreI cento volti di mio padre Nino pubblicato da Rai Libri

Il Tropea Film Festival ha celebrato nella sua quinta giornata la figura di Nino Manfredi, l’attore romano che con i suoi cento e più film, per il grande e piccolo schermo, è riuscito a stupire, emozionare, far ridere e commuovere, generazioni di italiani con la naturalezza di un amico di famiglia. Il racconto è stato affidato al figlio dell’attore romano, Luca Manfredi che nelle pagine del libro Un friccico ner coreI cento volti di mio padre Nino pubblicato da Rai Libri, offre ai lettori uno scorcio inedito, privato, intimo dell’artista. Al centro della narrazione c’è un rapporto sofferto e complicato.

«È stato un padre assente, sempre occupato sui set. Quando era a casa, si chiudeva nel suo studio con gli sceneggiatori. Il merito di portare avanti la famiglia è di mia madre Erminia, che ha sopportato e perdonato le sue varie “scappatelle”: ne ha fatte di cotte e di crude», dichiara durante la conversazione con Antonio Ludovico: «Abbiamo recuperato il rapporto in seguito, cominciando a lavorare insieme».

Luca racconta poi una serie di aneddoti sulla condotta di Nino, all’anagrafe Saturnino Manfredi, sul set: «Era un perfezionista. Qualcuno lo definiva un orologiaio. Era un attore molto avanti rispetto agli altri. Artigiano della recitazione. Cesellatore del copione, sempre alla ricerca della battuta migliore fino al momento prima che partisse il “motore”». Lo dipinge come un uomo orgoglioso che non sapeva mai chiedere scusa, con le radici ben impiantate nel mondo contadino della Ciociaria: «Mio padre si è fatto interprete della “perdenza”, dei personaggi sconfitti dalla vita, degli ultimi. Personaggi che cercano riscatto. Una sorta di collegamento con le sue origini contadine».

Un uomo semplice, che non faceva troppi giri di parole, molto schietto al punto da non trattenersi dall’esprimere il proprio giudizio neppure di fronte al Papa. «Un giorno fu invitato in Vaticano, nell’appartamento di papa Giovanni Paolo II, per assistere alla lettura di una delle sue drammaturgie giovanili, La bottega dell’orefice. Alla fine della lettura, tutti i presenti si sperticarono in applausi e complimenti, in modo probabilmente eccessivo anche per lo stesso Wojtyla che rimase un po’ perplesso davanti a questa reazione. Perciò si rivolse a Nino e gli disse: “Manfredi, lei che ne pensa di questa commedia? Le è piaciuta?” Nino lo guardò con il suo sorriso e gli disse: “Santità, penso che abbia fatto bene a cambiare strada perché temo che come commediografo non sarebbe mai arrivato in alto come sta adesso”». In qualche passaggio dell’intervista condotta da Marilù Simoneschi e Lorella Ridenti si è percepito un velo di malinconia: «Mi è mancato un padre amico e complice. Cerco di non commettere lo stesso errore con i miei figli. Cerco di non essere assente perché io ho sofferto per la sua mancanza. Non è mai venuto a vedere una mia gara di canoa».