Città e ambiente

La marchesa Gagliardi e la “sua” villa chiusa e abbandonata al degrado nella Capitale del Libro

Centocinquanta anni fa fu avviata la realizzazione del grande giardino di palazzo Gagliardi, che diventò un cenacolo di arte e cultura. Oggi vi regna il degrado.

Per quei viottoli e tra quelle piante, tra sbuffi di fontanelle di acqua e sedili riparati dalle fronde degli alberi, amava passeggiare la marchesa Caterina Gagliardi, moglie di Enrico che aveva sposato in seconde nozze e con la dispensa papale (era il fratello della madre) il 18 aprile 1860. Villa Gagliardi è uno di queli luoghi, di quei giardini all’italiana, un boschetto nel cuore di Vibo Valentia, che farebbe la felicità di qualsiasi città.

La marchesa giunse a Monteleone quando stava per avere inizio una profonda crisi economica, una carestia senza precedenti. E proprio quando Enrico divenne sindaco, lo convinse a ricostruire il palazzo della casata su quello che era il corso Vibonese, con tanto di villa sul retro. Fu un’opera definita “colossale” che vide impegnati dal 1870 ben 300 operai.

La villa fu iniziata nel 1783, quando il marchese acquistò pregiate piante da vivai di Champvert a pochi chilometri da Lione, in Francia. Allora per adornare completare i parchi e i giardini delle prestigiose città d’Italia occorreva rivolgersi oltralpe.

Caterina Gagliardi donna colta e mecenate

E ritorniamo al nostro incipit. Tra quei vialetti, coreograficamente allestiti, Caterina Gagliardi amava passeggiare e conversare con gli ospiti, tra queste la scrittrice Matilde Serao. Era una donna molto bella Caterina Gagliardi che in famiglia chiamavano Titina. «Le foto dell’epoca ci restituiscono un tipo di bellezza femminile che rappresenta la figura ideale della donna dell’800, accanto al marito impegnato nella vita politica e sociale» (Dezzi Bardeschi, p. 115).

Colta, generosa, altruista, fece parte delle pie istituzioni di Monteleone. Nel 1899 il Consiglio comunale la nominò presidentessa della congregazione di Carità: aiutò i bambini poveri, fondò l’Orfanotrofio femminile e l’Asilo infantile, e fece una cospicua donazione per l’ospedale. Grazie a lei il palazzo e la villa erano divenuti il cuore culturale e pulsante della Monteleone a cavallo tra ottocento e novecento.

Nella Capitale Italiana del Libro si dimentica un luogo simbolo

Chiudiamo questo bel quadretto del passato e torniamo al presente. Villa Gagliardi, così come il palazzo omonimo, sono passati di proprietà al Comune. La Villa ancora oggi, agosto 2021, con Vibo Valentia diventata Capitale Italiane del libro risulta chiusa al pubblico ed abbandonata al degrado.

Uno scempio e una ferita che dura da anni e che nessuna amministrazione ha mai risolto. Di parole se ne sono fatte tante, ma di fatti: zero. Fa tristezza passare in questa estate ancora in parte segnata dal covid davanti a quel cancello, sulla strada della Croce Nivera, e vederlo sistematicamente chiuso. Un colpo al cuore guardare attraverso le sbarre e vedere l’incuria e la sporcizia di un bene storico ed ambientale che ovunque sarebbe stato un fiore all’occhiello e non lo è per Vibo Valentia.

La marchesa se passeggiasse ancora in quei viottoli sarebbe sicuramente angosciata dalla noncuranza dei monteleonesi (oggi vibonesi) per il più bel regalo che nel 1873 fecero i Gagliardi alla città.

Nel 2029 ricorrerà il duecentesimo anniversario dalla nascita di Caterina Gagliardi, almeno per quella data il Comune riuscirà a celebrarla nel migliore dei modi rendendo fruibile palazzo e villa per 365 giorni all’anno?