Opinioni

In fumo secoli di lavoro della natura e dell’uomo. Addio al paesaggio forestale e rurale di Catanzaro

Un giovane pianista di talento Alberto Capuano ha scritto questa acuta e profonda riflessione sugli incendi della pineta di Siano. In accordo con AMA Calabria divulghiamo questo interessante contributo

La pineta di Siano ha subito danni inimmaginabili. Un numero enorme di pini è andato completamente distrutto.
Il bosco è tutto da ripiantare. Moltissimi animali sono stati carbonizzati vivi.
Un crimine che rimarrà impunito. Inutile ripetere che tutti i roghi del Mediterraneo – e che in Calabria hanno devastato i boschi dell’Aspromonte, di Catanzaro, di Copanello, di Borgia, delle Valli Cupe, della provincia di Cosenza (senza contare anche l’incendio al pantano delle Saline Joniche in provincia di Reggio Calabria) – sono tutti di origine dolosa. Incendi dovuti ad una presunta “autocombustione” sono impossibili nelle nostre regioni.


I pini domestici (Pinus pinea L.), che costituivano la maggior parte del bosco “Li Comuni”, sono alberi che, una volta bruciati, muoiono e non ricrescono più. Completamente distrutto anche il sottobosco della pineta, composto da roverelle, sughere, frassini, corbezzoli e decine di specie lianose, arbustive ed erbacee (che avrebbero costituito lo strato di rinnovo naturale della pineta).
Bisognerà tagliare tutti gli alberi secchi e danneggiati, che inevitabilmente cadranno sul terreno e sulla strada con i primi venti forti e con le piogge autunnali. E bisognerà piantare di nuovo tutti gli alberi, in attesa che la vegetazione selvatica si rinnovi spontaneamente. Rischi di frane sono inevitabili senza alberi.


Tutta la zona di Siano, parte di Janò e della contrada Santo Cono (zona carcere e zona Telecom) sono andate in fumo.
Anche le montagne tra Pontegrande, Buda, Gagliano e Tirolo hanno subito gravissime perdite. Le vallate del Corace e della Fiumarella sono punteggiate da vaste zone nere.
È un danno incalcolabile per il patrimonio boschivo della città, per il paesaggio forestale e rurale di Catanzaro, frutto di secoli di lavoro della natura e dell’uomo.

Alberto Capuano