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Agostinelli al Meeting di Rimini: “Gioia Tauro è la nostra Rotterdam. Eolico sullo Jonio”

Tra gennaio e luglio, il transito in porto ha registrato 423 treni, con una previsione di 900 convogli in un anno.

La posizione dell’Italia nel bacino del Mediterraneo ha da sempre caratterizzato il nostro Paese come “piattaforma” fisica, culturale, economica e politica di ponte e di connessione tra tre continenti. Questa vocazione è stata vissuta ed interpretata in modi diversi a seconda del contesto storico ma viene oggi riproposta come strategica sia per il nostro Paese che per il contesto globale.

In questo contesto, nella sessione intitolata “Mare Nostrum: IL MEDITERRANEO, NUOVO NODO DI CONNESSIONI” hanno preso parte Andrea Agostinelli, presidente Autorità di Sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, Enrico Giovannini, ministro alle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, Luigi Lucà, amministratore delegato di ToyotaMotor Italia, Giampiero Strisciuglio, amministratore delegato e direttore generale di Mercitalia Logistics, Alberto Viano, amministratore delegato di LeasePlan Italia e nuovo presidente di Aniasa, Associazione nazionale industria dell’autonoleggio, sharing mobility e automotive digital, mentre Marco Piuri, FNM general manager e Trenord CEO ha introdotto i lavori.

Agostinelli, ha centrato il proprio intervento sul livello di connettività del porto di Gioia Tauro e dei porti calabresi nel circuito del Mediterraneo. A Gioia Tauro, l’anno in corso è quello che vede cristallizzare il pieno sviluppo dell’intermodalità, grazie ai quotidiani collegamenti con gli hub intermodali di Bari, Nola, Padova e Bologna. Tra gennaio e luglio, il transito in porto ha registrato 423 treni, con una previsione di 900 convogli in un anno.

“L’Italia, in difformità agli esempi nordeuropei, – ha detto Agostinelliè da sempre caratterizzata da una “portualità diffusa”, ove porti storici servono un interland limitrofo. Certamente ciò è stato indotto anche dalla orografia della penisola e delle sue isole. La Calabria ha, invece, una portualità atipica. Grandi porti, artificiali e recenti (salvo Crotone nella sua parte vecchia e Vibo Valentia Marina), sorti non per servire un tessuto produttivo diffuso seppur limitrofo ma per alimentare distretti industriali specifici, che, per noti motivi, non si sono mai insediati”.

Con lo sguardo rivolto a Gioia Tauro, Agostinelli ha illustrato il recente percorso di rilancio dello scalo: “Abbiamo offerto all’Italia il primo porto potenzialmente “nordeuropeo”: grande infrastrutturazione, in una zona non “cittadina”, scarsamente antropizzata, capace di rifornire via “ferro” i distretti industriali del paese. Oggi si tratta di decidere se potenziare la capacità di portare container via ferro da Gioia Tauro al resto d’Italia, realizzando l’alta capacità ferroviaria. Non se ne parlerà prima del 2030, ahimè, ma l’ente portuale ha assolto pienamente la sua funzione!“.

Quanto agli altri porti calabresi, Agostinelli, ha proseguito: “Stiamo immaginando per Corigliano Calabro e Crotone due porti che possano diventare degli hub di produzione di parchi eolici off-shore (ce ne sono tre in attesa di autorizzazione in Puglia e Calabria, con possibilità di servirne ulteriori anche all’estero). Strutture avveniristiche e all’avanguardia, installabili anche ad alte profondità poiché dotate di un corpo sommerso che garantisce galleggiamento autonomo. Queste turbine, alte come la Tour Eiffel, sarebbero interamente costruite e assemblate nei porti calabresi e poi traslate via mare nei parchi di produzione. Se Gioia Tauro è l’occasione per immaginare la nostra Rotterdam, che da sud alimenta il nord, l’eolico off-shore di ultima generazione ha sottolineato Agostinelliè l’occasione per garantire al sud un vantaggio energetico, creare una nuova filiera industriale, generare quantitativi enormi di energia rinnovabile e dare una opportunità irripetibile ad un territorio, se pensate che Corigliano – per fare un esempio – è un porto moderno e da sempre abbandonato a sé stesso, una immensa, inutilizzata cattedrale nel deserto. Una scelta strategica, soprattutto in termini occupazionali: questi insediamenti comporterebbero, per singolo parco eolico off-shore, 200 lavoratori diretti nei 5 anni di produzione e 100 lavoratori diretti nei 25 anni successivi di gestione”.