Cultura

In un quadro del Solimena una “foto” settecentesca di piazza San Leoluca

Qualche tempo fa, incuriosito dal fatto che Monteleone, oggi Vibo Valentia, era stata un ducato dei Pignatelli, famiglia nobile napoletana, iniziai a cercarei su internet le immagini dei quadri che raffiguravano i duchi di Monteleone.

Francesco Solimena: Diego Pignatelli Aragona Cortes, duca di Monteleone (Vibo Valentia). Sullo sfondo le cupole di San Leoluca e San Domenico distrutte dal terremoto del 1783

I Pignatelli, da Ettore (che fu anche vicerè di Sicilia, come Duca di Monteleone) nel 1500, fino al 1806, anno della legge sull’eversione dalla feudalità, erano stati signori di Vibo Valentia. Fu un quadro ad attirare la mia attenzione, perchè raffigurava anche un paesaggio cittadino con delle strutture architettoniche rilevanti, due chiese molto vicine fra di loro. La foto che qui sopra vedete, ripropone il ritratto settecentesco di Diego Pignatelli Aragona Cortes(*  Madrid, 21.01.1687 – † Palermo, 28.11.1750) IX Duca di Monteleone.

Il ritratto  riprende come modello in maniere inequivocabile una raffigurazione di Re Sole, Luigi XIV.

                                                       Hyacinthe Rigaud, Luigi XIV di Francia 

Se  accanto alla colonna del ritratto di Re Sole c’è una tenda, nel caso del Pignatelli si materializzano due chiese, o meglio parte di esse, una presenta la facciata, della seconda si vede solo la cupola. Per quanto non sia impossibile ritrovare due chiese vicine, fatto già raro, era ancora più singolare il posizionamento dei due edifici religiosi che rispecchiava una situazione riscontrabile a Vibo Valentia.

Dai dati in mio possesso, mai fino ad oggi, si era cercato un confronto tra I due edifici sacri della tela: uno è sicuramente il duomo di Vibo Valentia, intitolato a Santa Maria Maggiore e San Leoluca. È da specificare che ai tempi del quadro, il duomo non aveva ancora i campanili esistenti oggi, strutture che furono aggiunte successivamente. 

La cupola appartiene, invece, alla chiesa dei domenicani di origine cinquecentesca, ovvero di Sant’Antonio Abate, edificio probabilmente sconosciuto a molti, o per meglio dire poco noto nella funzione originaria. La chiesa, infatti, dovette perdere la cupola già dopo il Grande Flagello, il terremoto del 1783, per poi essere dimezzata in altezza  in tempi non molto lontani dai nostri giorni, dopo il sisma del 1905.

Molto spesso le strutture danneggiate dai terremoti venivano private dei piani superiori o delle parti più alte per evitare i costi delle riparazioni e futuri crolli. Oggi la chiesa è stata suddivisa in più ambienti, il principale,  quello con tre navate scandite da due file di pilastri, è l’auditorium del Valentianum.

Della situazione settecentesca della piazza abbiamo un’immagine nella stampa (incisione) di Schiantarelli, pubblicata nel 1784, che raffigura le strutture danneggiate dal terremoto, con un particolare ingrandito si rileva quanto il disegno rispecchi fedelmente il quadro per il posizionamento dei due edifici. Appare anche qui una struttura lunga e stretta dietro la cupola della chiesa di Sant’Antonio Abate.

Al confronto con il quadro, leggermente differente appare la cupola, ma per quanto attendibili, i disegni non sono delle immagini da prendere alla lettera.

Nella cartina “a volo di uccello” di Monteleone, edita da Bisogni De Gatti nel 1710, si nota come la fisionomia della cupola del quadro sia molto simile a quella della chiesa dei domenicani.

Non è da tenere in considerazione, nella carta del 1710, la chiesa di San Leoluca, perché, al tempo della tela del Pignatelli, l’edificio era stato riedificato con forme differenti. È da ricordare, però, come la stessa chiesa fosse ai tempi del terremoto provvista di una vera cupola, danneggiata e sostituita da un tetto di tegole dopo il Grande Flagello. Di certo, quando era ancora nelle forme originali, fu di ispirazione al pittore monteleonese Francesco Saverio Mergolo, nel quadro, oggi nella chiesa di San Michele, “L’elemosina di San Tommaso di Villanova”  dove troviamo una cupola dotata di volute molto simili a quelle del duomo. La raffigurazione in parte fantastica pone un tempio in primo piano.

Degna di nota è la presenza di un campanile sullo sfondo: si potrebbe ipotizzare l’identificazione con la diruta e irriconoscibile struttura visibile  nell’incisione dello Schiantarelli dietro la chiesa domenicana. Struttura diruta, coincidente a sua volta con l’elemento privo di cuspide visibile dietro la cupola nel ritratto del duca.

Mergolo nacque nel 1746 e morì nel 1786, perciò possiamo sospettare che la cuspide del campanile mancasse nel ritratto del duca e che invece fosse ormai completata ai tempi di Mergolo, vissuto durante la seconda metà del secolo.

Il duca Diego Pignatelli non scelse casualmente il paesaggio da porre sullo sfondo del suo ritratto. Fu, infatti, il padre Niccolò a voler ricostruire dalle fondamenta il Duomo di Monteleone, come riportato nell’epigrafe posta sopra il portale dello stesso edificio. Lo stesso Diego aveva, inoltre, commissionato a Francesco Raguzzini, l’altare per la vicina chiesa di Sant’Antonio Abate, finito nel 1745. Senza dimenticare che nei tre secoli di feudalità i Pignatelli si adornavano quale titolo principale quello di Duca di Monteleone, usandolo in ogni occasione pubblica e privata come simbolo della loro nobiltà (anche quando furono vicerè di Sicilia, Sardegna ed Aragona).

Fondamentale per la scelta dovette essere l’intenzione di raffigurare la capitale dei suoi feudi, Monteleone. Qualche decennio prima, i Pignatelli, avevano posto all’ingresso della loro dimora edificata a Napoli, un’epigrafe latina molto indicativa in questo senso. Riproponiamo la traduzione: “”Niccolò Pignatelli duca di Monteleone e primo magnate di Spagna, ristrutturò, ampliò e ornò la dimora. Anno 1718”.

Manuel Zinnà – Archeologo

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