Opinioni

Vibo-Monteleone: l’eredità della storia: una linfa vitale per costruire il futuro?

Ereditare il meglio del nostro passato non significa idealizzare un’epoca, ma confrontarsi per costruire una città migliore

Io credo che la nostra città non abbia mai fatto i conti con il suo passato. Questo pesa molto sul presente e ipoteca il suo futuro, che è ancora tutto da costruire.Alla fine degli anni Venti del secolo scorso, inseguendo i miti del fascismo e il sogno di una romanità idealizzata, si volle cambiare il nome Monteleone con quello attuale di Vibo Valentia. Un atto che, di per sé, non ha creato una solida identità cittadina.L’eredità del passato è un tema di grande rilevanza per una città come la nostra, ricca di una storia millenaria che ha attraversato periodi di luce e di ombra. Da un lato, epoche luminose come la Magna Grecia e l’epoca romana; dall’altro, periodi di oscurità con pestilenze, terremoti, ignoranza, prepotenze sociali e feudalesimo. Ereditare il passato non significa ricevere un dono monolitico, ma un insieme complesso di luci e ombre.Dalla nostra eredità derivano molte difficoltà di intraprendere uno sviluppo stabile e duraturo: l’emigrazione impetuosa e la presenza della ‘ndrangheta, che purtroppo fanno parte del nostro passato e del nostro presente.Per poter sfruttare appieno l’eredità positiva del passato è fondamentale conoscerla a fondo. Dobbiamo studiare la storia, analizzare le testimonianze materiali e intellettuali. Solo attraverso la conoscenza possiamo comprendere gli aspetti migliori del nostro passato e trarne insegnamenti per il presente e per il futuro.

Tralasciando questa necessaria autocoscienza riguardo al passato in generale, se focalizziamo alcuni aspetti, non mi sembra che l’eredità storica sia stata pienamente compresa e valorizzata. Il museo cittadino, ad esempio, non è conosciuto dalla maggior parte degli abitanti e il parco archeologico versa in condizioni di abbandono, così come la tonnara di Bivona e molti altri beni storico-artistici. Sarebbe necessario un impegno concreto per rendere fruibile a tutti questa eredità e trasformarla in una risorsa per la crescita della città.Ugualmente, per quanto di positivo si era cercato di fare nel recente passato con il festival Leggere&Scrivere, che era diventato un potente strumento di valorizzazione territoriale, occorre ricordare la necessità di rendere più informati tutti i cittadini.Infatti, gli indici statistici ci restituiscono dati preoccupanti, che indicano un livello di analfabetismo funzionale e strumentale molto diffuso.Purtroppo, questo problema non è compreso e ignorato dalla stragrande maggioranza della politica e degli amministratori, chiusi nel loro provincialismo, come ci dimostra il fallimento pieno dell’occasione della Capitale del Libro e la crisi del Sistema Bibliotecario.Diventare eredi consapevoli del nostro passato non è un compito facile. Le radici, da cui potremmo attingere forza e saggezza, possono nutrirci ma anche imprigionarci in schemi obsoleti e retorici.

Affrontare le sfide del presente richiede uno sguardo lucido sul passato, capace di riconoscere sia i successi che le sconfitte, sia le luci che le ombre. Ereditare il meglio del nostro passato non significa idealizzare un’epoca passata, ma confrontarsi con le sue contraddizioni e i suoi errori. Solo così possiamo costruire un futuro migliore, non una copia del passato, ma un mondo nuovo, libero dai fardelli che ci portiamo dietro. Un futuro più giusto, sostenibile non è una promessa scontata, ma il frutto di un impegno costante e consapevole.Faccio questo appello in questo specifico periodo nel quale alcuni segni sembrano indicare che forse si aprirà una stagione nuova, o almeno lo si dice, per la città, avendo il blocco di potere degli ultimi quindici anni manifestato vistose crepe di credibilità e di stima da parte dei cittadini.Ma una raccomandazione: cerchiamo di essere finalmente seri. Non ereditiamo dal recente passato e dell’attualità la superficialità e il cinismo. Cerchiamo di non essere gattopardeschi, di far intendere ai cittadini che si vuole cambiare tutto, ma non esserne poi capaci.