Ciao Michele, vola soave in cielo come le note della tua chitarra
Luglio 2003. Summer school in “Teorie e tecniche della comunicazione e del giornalismo”, un evento formativo di primo piano, organizzato da Lullo Sergi (allora, docente Unical e firma, tra le più apprezzate, de “La Repubblica”) che, in quella calda estate calabrese, fece giungere nella sua Limbadi alcuni dei più grandi giornalisti e comunicatori italiani. Tra la platea di giovani – che come me iniziavano ad addentrarsi nella professione, affascinati dall’allora magico mondo del giornalismo – si aggirava con passo dinoccolato un bel ragazzone. Lo scorgevi subito, Michele. I suoi riccioli arruffati svettavano nella sala. I suoi occhi erano buoni ma il suo sguardo era austero. Il suo fare, a volte, un po’ burbero. Conoscendolo, capii che era per dissimulare la sua timidezza e la sua bontà d’animo.
Michele, seguiva le lezioni e, nel contempo, curava alcuni aspetti tecnici dell’iniziativa. Sistemava con estrema attenzione le telecamere fisse che registravano gli interventi. Nell’allontanarsi, si voltava a guardarle: le accarezzava con gli occhi.
Si metteva, quindi, alla consolle per regolare l’audio dei microfoni. Mi colpì il fatto che curava l’effetto voce, così come avviene nei concerti live. Era un musicista: amava l’armonia e la infondeva.
Quell’armonia che – soprattutto grazie a lui – si creò con le chitarre, davanti a un falò in spiaggia, in riva al mare di Nicotera.
Al falò, a sugellare la bellissima esperienza della summer school, partecipammo i componenti della combriccola (ricordo, tra gli altri, Elida Sergi, Salvatore Berlingieri, Gianluca Prestia, Luigi Ambrosi) creatasi in quei giorni di full immersion di studi giornalistici che svolgemmo a mo’ di campus universitario.
Sotto un cielo stellato, il suono delle chitarre e le canzoni cantate con voci inebriate dalla giovinezza, venivano cadenzate dal sottofondo del leggero sciabordio del mare e da Michele che suonava la sua chitarra scandendo il ritmo come solo i bassisti sanno fare.
Con la chitarra in mano era lui a dettare i tempi. La sua timidezza veniva meno e diveniva il regista della situazione. Le sue melodie etniche erano un tutt’uno col suo sorriso. Irradiava gioia. Creava armonia di suoni e anime, rendendo indelebili quei frammenti di vita.
Ciao Michele, vola soave in cielo come le note della tua chitarra.