Opinioni

Libertà di circolazione e discriminazione, i dubbi di costituzionalità del “pass verde”

Uno strumento che rischia di erodere ancora di più i diritti dei cittadini ed è contrario ei principi di razionalità ed equlibrio tra i valori della nostra Carta.

Il comunicato stampa governativo del 21.4.2021, nell’annunciare il nuovo sistema delle riaperture, ha delineato una novità di non poco conto, successivamente inserita nel decreto legge n. 52 del 22.4.2021. In particolare, “alla luce dei dati scientifici sull’epidemia e dell’andamento della campagna di vaccinazione”, ha configurato un meccanismo premiale, grazie al quale rendere possibile la circolazione delle persone, senza limiti territoriali e di colorazione tra Regioni. Strumento di tale obiettivo è stata l’introduzione, sul territorio nazionale, delle cosiddette “certificazioni verdi Covid-19”, comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2 o la guarigione dall’infezione o l’effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo (art.9). Una ‘patente’ di salubrità che, in quanto destinata, visto lo stato della campagna vaccinale, ad una minoranza della popolazione, solleva non pochi dubbi circa la possibile erosione dei diritti costituzionali di uguaglianza.  

Il fatto è che, a dispetto dei ‘dati scientifici’ evocati, non si avrebbero evidenze certe circa l’idoneità della vaccinazione, come anche della guarigione da covid-19, a costituirsi quali fattori interclusivi alla trasmissione del virus. Al contrario, per le infezioni più diffuse, contro cui si vaccina, è possibile considerare al sicuro l’intera popolazione quando almeno il 95 per cento di essa risulta vaccinata (V. Magazine 21.3.2021, Fondazione Umberto Veronesi). Mancherebbero, in sostanza, le premesse scientifiche per dare vita ad un modello di diritti differenziati per selezione vaccinale. Una cosa, invero, è l’utilizzo dei poteri costituzionalmente orientati, volti ad adottare misure, comunque non discriminatorie, contenitive delle libertà per motivi di carattere sanitario, altra cosa è indurre un differente trattamento delle persone fondato su basi non scientificamente testate. In quest’ultimo caso, dovrebbe prevalere il principio di omogeneità ed unità di trattamento, ad evitare effetti discriminatori non sostenibili dagli ordinamenti democratici.

Ebbene, vero è che recenti studi clinici, americani ed inglesi (Fondazione Veronesi, Magazine, nota del 31.3.2021), avrebbero rilevato una significativa azione anti trasmissiva relativamente ai vaccini ad MRna (Pfizer e Moderna). E’ parimenti vero che uguali evidenze non risulterebbero circa i vaccini basati su Adenovirus virale (Astrazeneca e Jhonson), piuttosto orientati a soggettivizzare la protezione. L’AIFA, Agenzia Italiana del farmaco, nella sezione ‘Vaccini a vettore virale’, alla domanda:  ‘Le persone vaccinate possono trasmettere comunque l’infezione ad altre persone?’ Risponde: Gli studi clinici condotti finora hanno permesso di valutare l’efficacia del vaccino Vaxzevria sulle forme clinicamente manifeste di COVID-19. È necessario più tempo per ottenere dati significativi per verificare se i vaccinati si possono infettare in modo asintomatico e contagiare altre persone. Sebbene sia plausibile che la vaccinazione protegga dall’infezione, i vaccinati e le persone che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19.

Dunque, una prima questione è se sia normativamente corretto generare una pista differenziata di libertà  per le persone vaccinate e, ancora, se sia corretto farlo in maniera indifferenziata sia con riferimento al vaccino ad MRna  che quello ad adenovirus.

In realtà, il dubbio risalta con riferimento all’intera platea vaccinale. Il sito del Ministero della Salute, nella sezione ‘Coronavirus – Fake news’, al quesito: ‘Mi vaccino perché così non dovrò più usare la mascherina né lavarmi le mani frequentemente’, così risponde, senza distinguere per tipologia vaccinale: ‘Anche dopo essersi sottoposti alla vaccinazione si dovrà continuare a osservare le buone pratiche di prevenzione e protezione attualmente previste, come indossare la mascherina, lavare spesso e accuratamente le mani e mantenere il distanziamento fisico. Questo finché i dati sull’immunizzazione non evidenzieranno con certezza che oltre a proteggere sé stessi il vaccino impedisce anche la trasmissione del virus agli altri e si arriverà a superare la pandemia in atto’. Non dissimile la posizione dell’Istituto Superiore di Sanità che, sul proprio sito, nella sezione ‘Speciale Covid-19 – Vaccini’, al quesito ‘Dopo la vaccinazione potrò finalmente evitare di indossare la mascherina e potrò incontrare parenti e amici in libertà’, risponde: FALSO. Anche dopo essersi sottoposti alla vaccinazione bisognerà continuare a osservare misure di protezione nei confronti degli altri, come la mascherina, il distanziamento sociale e il lavaggio accurato delle mani. Ciò sarà necessario finché i dati sull’immunizzazione non mostreranno con certezza che oltre a proteggere sé stessi il vaccino impedisce anche la trasmissione del virus ad altri.

Dunque, le evidenze scientifiche cui allude il comunicato stampa del Governo non sembrano così evidenti per i più alti organismi nazionali, in materia sanitaria e farmacologica. Di più, esse paiono smentite anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che, attraverso il suo portavoce Margaret Harris (Conferenza stampa del 6.4.2021 da Ginevra. Su UN web TV: ‘Vaccine Passport”. V. anche report ‘Quotidiano Sanità’ 23.3.2021) ha osservato: “non siamo certi che il vaccino prevenga la trasmissione” ed ha ammonito perché l’infusione del farmaco non divenga strumento di discriminazione tra le persone.

In questo quadro scientificamente incerto, deve registrarsi la decisa presa di posizione del Consiglio d’Europa, la cui Assemblea Parlamentare, con risoluzione 27.1.2021, denominata “Vaccini Covid-19: questioni etiche, legali e pratiche”, ha raccomandato di fare uso dei certificati vaccinali al solo scopo di monitorare l’efficacia e gli effetti collaterali o avversi dei vaccini. ”Utilizzarli come passaporti sarebbe contrario alla scienza in assenza  di dati sulla loro  reale efficacia  nel ridurre la contagiosità, la durata dell’immunità acquisita”. Peraltro, lo stesso documento ha ammonito circa le implicazioni della campagna vaccinale sui valori di uguaglianza e libertà, chiamando gli Stati a “Garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, a causa di possibili rischi per la salute o per non voler essere vaccinato”.

Ebbene, a fronte dei severi dubbi di cui sopra, l’Italia si è acconciata a dare sostanza normativa al valore immunologico dei vaccini, attraverso l’introduzione di un vero e proprio passaporto delle libertà personali, fondato sulla compiuta vaccinazione e\o sulla ottenuta guarigione. Si è iniziato, oggi, con la libera circolazione tra regioni, ma non sono da escludersi derive più pervasive, tali da compromettere la qualità e la quantità dei diritti spettanti ai non detentori del documento verde.  Un modello sociale manicheo, in cui gli essere umani rischieranno di essere divisi – e potenzialmente discriminati – tra vaccinati/guariti e non, tra intonsi paladini della salubrità e reprobi untori.

E’ legittimo tutto questo? Alle condizioni date, sembra assai dubbio. Vi si frappongono: a) l’incertezza dei test immunologici e, dunque, la non sostenibilità di un ‘titolo di viaggio’ su essi fondata; b) le disparità temporali proprie del sistema di vaccinazione, tali da indurre il rilascio del certificato verde solo a chi abbia avuto in sorte di esserne selezionato; c) le gravose questioni che le schedature di massa pongono, soprattutto in tema di riservatezza e dati sensibili. Si richiama un ammonimento del Garante per la protezione dei dati personali dell’1.3.2021: I dati relativi allo stato vaccinale… sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali.

Sommando: è ben vero che, per motivi di sicurezza nazionale e sanità pubblica, ai sensi dell’art. 16 della Costituzione, è possibile e, aggiungo, doveroso adottare misure compressive delle libertà; è parimenti vero che esse devono trovare fondamento in evidenze scientifiche ed epidemiologiche inconfutabili, ad evitare la compromissione di valori inalienabili, quali l’uguaglianza delle persone e la rispettiva gamma di libertà costituzionalmente garantite. Il tutto in un contesto in cui non abbiano a devalutarsi – senza previsione di giuste compensazioni – i diritti delle persone contrarie, sulla base di un preciso diritto costituzionale (art. 32), al trattamento vaccinale, o che non abbiano avuto sorte di vaccinarsi. In definitiva, fuori da un ragionato modello di garanzie, ogni misura catalogatoria e di controllo suonerebbe ostile alle più alte conquiste della civiltà democratica e risulterebbe regressivamente incline verso sistemi sepolti nei relitti della memoria storica. Meglio, in questi casi, utilizzare il principio di precauzione per tutti che aprire il vaso di pandora per pochi.

Il vero è, per chiudere, che l’emergenza Sars Cov2 ha impattato sul nostro sistema di vita in maniera esplosiva, rendendo più fragili e quasi contendibili diritti di libertà che, al contrario, vanno asseriti e difesi sempre, in qualunque circostanza. Una società avveduta e solida non può abdicare precipitosamente al comando di un’emergenza. Essa deve sapere fare i conti con la sua identità e la sua complessità, anche nelle condizioni più difficili, quali sono quelle attuali. Ecco perché credo non possano darsi erosioni non controllate al nostro sistema di libertà e debbano, al contrario, levarsi alti i dubbi, quando il limite degli equilibri costituzionali rischi di essere superato.