Prosegue l’appuntamento con i lettori di ViViCity. Ogni sabato proporremo un nuovo libro pubblicato dagli editori che fanno parte del CEV, Comitato degli Editori del Vibonese
A spiegare la genesi di questo libro – L’ebanista di Francesco Barbuto edito da Libritalia – è Giovanni Battista Bartalotta, che ne ha curato la prima edizione e parte da un evento tragico, il più tragico degli eventi: “Era l’8 di gennaio del 2008 quando una notizia mi lasciò di stucco: Franco Barbuto era morto! La notizia parlava di suicidio, ma io stentavo a credere che il giovane che avevo conosciuto un paio di decenni prima non era più tra noi.
Non vedevo Franco da oltre due decenni. Il ricordo che ho di lui è quello di un giovane dotato di una curiosità spinta, libera, e pieno di desiderio di conoscere e apprendere in ogni campo del sapere umano. Affrontavamo insieme discorsi su argomenti che raramente si affrontano a 14 anni. E lo facevamo in piazza della Vittoria, sotto il Tiglio o sotto la tettoia, “u mignanu”, del circolo Hesperia, allora ubicato nella casa dove “don Peppino” Monterosso gestiva un bar che ancora molti ricorderanno”.
“Successivamente – racconta ancora Giovanni Battista Bartalotta – ho avuto un altro approccio con lui nel 1993, quando curavo il Campanile con la Proloco, in cui Franco collaborò realizzando una bella e puntuale ricerca sulle antiche unità di misura stefanaconesi che rivelava l’attaccamento alla sua terra.
Oggi, dopo vari decenni, a tragedia avvenuta, ho conosciuto Franco attraverso i suoi scritti e le sue ricerche; e stavolta è venuta
fuori la levatura di un intellettuale poliedrico, interessato ad una miriade di temi, che spaziano dalle materie umanistiche, filosofiche e linguistiche, a quelle scientifiche e informatiche. Aveva anche un sito personale che ho avuto modo di guardare e scaricare prima che venisse oscurato per il mancato rinnovo dello spazio web.
Franco era di un’altra levatura intellettuale, di un livello culturale che nella nostra piccola comunità difficilmente poteva essere compreso. E quel “volare alto” con la sua fervida mente deve averlo reso caratterialmente solo e fragile”.
Ad analizzare l’opera di Francesco Barbuto è Nicola Arcella, che parla di: “…una crudezza sfrondata da quella tecnica che contraddistingue e connota i lavori letterari”.
Ne L’ebanista, a giudizio di Nicola Arcella, “Fin da subito risaltano quelle ripetizioni maniacali, quei concetti espressi a più riprese, e ti viene da chiederti se esse siano volute o invece frutto di errore. Sono convinto che esse siano volute, per rimarcare uno stile ben preciso, e mettere in risalto una sofferenza personale che inevitabilmente contagia il libro”.
“Un altro aspetto che mi ha colpito – aggiunge – è la descrizione meticolosa delle facce dei protagonisti che scende nei minimi particolari, ed è come se l’intenzione dell’autore fosse quella di accomunarli, seppure nelle tante diversità, collegandole con un filo invisibile. Un’altra costante che lega indissolubilmente i più importanti personaggi dello scritto è il malessere interiore che lascia presagire, dietro ogni singola esistenza, un travaglio interno, una sofferenza intima che sfocerà per trovare finalmente pace ed appagamento, nelle forme e modi differenti.
“È questo un libro che ti cattura – conclude Nicola Arcella – già nei primi 5 capitoli si sviluppa e si concentra la trama, togliendoti quella incertezza che regola i romanzi gialli e nei quali fino alla fine non sai chi è il colpevole. In questo lavoro il colpevole si smaschera prematuramente, facendoti perdere quella suspense eppure ti inchioda al libro e che ti obbliga a terminarlo il prima possibile affinché si giunga a sbrogliare l’intricata matassa che contraddistingue i tanti personaggi che di volta in volta assurgono a protagonisti”.
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