Opinioni

Cinque motivi per la scoperta dell’altra faccia della Calabria, vera e senza pregiudizi

Per essere raccontati bisogna sapersi raccontare, sono tanti gli aspetti sconosciuti, intrisi di bellezza e speranza, della nostra terra: come l’altra faccia dellò luna.

C’è una narrazione della Calabria che non convince. Una narrazione che, sovente, vede la nostra terra amputata della sua non banale complessità e, al contrario, imputata a prescindere, oltre la cronaca, oltre la stessa realtà. Una narrazione che salta, quasi fosse fastidioso ornamento, il pensiero creativo ed il pensiero volitivo e che preclude la visione degli universi che vi sono impressi.

Un po’, come accade con la luna, di cui si celebra la parte visibile, credendola il tutto, e si omette quella invisibile, ridotta ad oblio. Così, dobbiamo acconciarci ad un racconto sovente pigro, più spesso incline all’ovvietà ed al pregiudizio, che rilascia scie di pessimismo che, come le profezie, finisce per autoavverarsi e, come i virus, per moltiplicarsi.

Tutta colpa degli altri? Sono loro, i giornalisti, gli storici, i mass mediologi, gli scrittori, i cineasti, quelli brutti, sporchi e cattivi, mentre noi saremmo le anime belle, vittime sacrificali di un rito sacrilego? Evidentemente no! Se la Calabria registra, ormai da decenni, una narrazione opaca, se le scintille del vero non sempre trovano corpo tra le pagine dei giornali o nei dibattiti televisivi, se tutto si riduce a mafia, malaffare, corruzione, interdittive e fallimenti, la responsabilità non è solo di chi narra. La responsabilità è anche di chi così si lascia narrare. Il vero è che, per essere raccontati, occorre, prima, sapersi raccontare e, per farlo, occorre avere voglia e coraggio di scrutarsi dentro ed affondare le mani in tutti i fondali che ci riguardano. E’ un dato di fatto che in Calabria si pratichi, con certa diffusione, l’indifferenza e l’oblio e che si preferisca l’abbrivio di un passato nobile e comodo piuttosto che la fatica di una costruzione nuova e libera.

Il vero è che, per essere raccontati, occorre, prima, sapersi raccontare e, per farlo, occorre avere voglia e coraggio di scrutarsi dentro ed affondare le mani in tutti i fondali che ci riguardano

C’è del nostro, dunque, in questa narrazione grigia e pavida, perché si pretende che altri raccontino di noi cose che noi stessi ripudiamo o, con ostinato orgoglio, addirittura ignoriamo. Ed in questo groviglio trovano radice i mali di cui ci doliamo: le follie che cancellano pezzi imponenti di storia, il cinismo di recide, con un tratto di cemento o una colata di egoismo, scorci di paesaggio e di bellezza, la sordida tenacia con cui sconnettiamo dal presente i segni della memoria. Così, in questo processo di negazione, il passato scompare, lasciando il passo ad un presente confuso, disadorno, privo di riferimenti.Il fatto è che la costruzione di una società richiede, per primo, l’ardore e l’orgoglio identitario di chi la vive.

E’ questo elemento immateriale il primo antidoto alla negazione del vero e ad ogni narrazione che si appaghi dell’ovvio o del falso. Ecco perché serve un cambio di passo, che aiuti l’asserirsi di un sentimento memoriale, finalmente radicato e condiviso, capace di ripudiare la pratica del ‘lasciar fare’ e di votarsi alla cultura dell’essere. In questo senso, questo primo scorcio di 2021 ha regalato indubbi motivi di speranza.

Ne enumero cinque.

Il primo, il millenario platano di Curinga, premiato come il secondo bene arboreo più interessante e resiliente d’Europa. Un risultato incoraggiante, non solo perchè ha acceso le luci su un’area straordinaria della Calabria, in cui coesistono beni naturalistici, religiosi ed archeologici di altissimo pregio (si ricorda, a pochi passi, il santuario bizantino-normanno dedicato a San’Ilario del X° secolo e, poco distanti, le terme romane del I secolo d.c.), quanto perché ha ottenuto una attenzione dal basso, né prevista, né scontata. Il secondo,

Santa Maria dell’Isola – Tropea

Il secondo, Il risultato conseguito da Tropea, borgo dei borghi 2021, città dalle implicazioni paesaggistiche, orografiche, paleontologiche, architettoniche di livello assoluto. Tropea non è nuova a simili riconoscimenti, soprattutto a livello di stampa specializzata. Tuttavia, è tempo di un pensiero più alto e forte, che sappia coniugare turismo, bellezza e cultura, collocandoli ad un livello superiore, senza per questo farli rivaleggiare.

Il terzo, la proclamazione di Vibo Valentia capitale italiana del libro 2021. Non un accadimento casuale, ma espressione di una capacità di elaborazione di cui va dato merito alle istituzioni, pubbliche e private, che ne sono state artefici. E tuttavia, occorre saper affermare che il premio è anche il riconoscimento alla plurale e risalente capacità della città di intessere relazioni con il mondo della cultura, grazie ai suoi festival, agli eventi singoli, alla cura, ancorchè non sempre vibrante, prestata alle biblioteche. Servirà, ora, una gestione dell’evento alta, nella consapevolezza che Vibo rappresenterà non solo la Calabria ma l’Italia intera e che misura di questo orizzonte sarà la qualità delle iniziative, piuttosto che la loro quantità.

Il quarto, l’apertura del Parco Archeologico Hipponion Valentia. Un luogo finora invisibile ed ignorato, luogo ideale di bellezza e passione onirica (ed orfica), nel quale trova senso e scopo il presente della città, attraverso i presagi della sua straordinaria storia millenaria. Quando le vaste distese del parco diverranno fruibili e patrimonio di tutti, avremo più chiara la misura di ciò che ci pulsa dentro e quanto spazio potrà aprirsi al tempo presente ed a quello futuro.

Il quinto, la scuola, spesso oscurata da una visione consumistica delle società, ma invece presente, viva, pronta. Come non salutare, così, i risultati che, a dispetto della periferia in cui vivono, i nostri studenti vanno ottenendo a livello nazionale in tutti i settori: dalla matematica alla biofisica, dal greco alla robotica.

La Calabria chiama ad una narrazione nuova, non più deposta nel sedile comodo del pregiudizio, ma erta, con il piglio di chi sa di poter meritare l’altra faccia della luna, più ricca di quanto non appaia, più emozionante di quanto la prima non dica.

Ecco, questi cinque momenti, tra i tanti che si potrebbero citare (penso alle imprese innovative, all’azione silenziosa dei molti scienziati intemerati, all’emergere di una letteratura di respiro internazionale, anche se mossa da profumi regionali), sono il segno di una Calabria che chiama ad una narrazione nuova, non più deposta nel sedile comodo del pregiudizio, ma erta, con il piglio di chi sa di poter meritare l’altra faccia della luna, più ricca di quanto non appaia, più emozionante di quanto la prima non dica.