Cultura

Da Mnemosyne ad Agrippa, viaggio tra culto e arte di Hipponion e Valentia

di Michele La Rocca

L’esposizione del museo di Vibo Valentia da quest’anno è arricchita da un artistico busto in basanite di donna di eta Claudia.

A partire dal 4 agosto il Museo Archeologico Nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia è nuovamente visitabile tutti i giorni. Lo scrigno di tesori dell’antica Hipponion e della romana Valentia dopo la chiusura del covid-19 torna tra i siti aperti per essere ammirato in tutta la sua bellezza. Il castello di epoca sveva è già di per sé un luogo di particolare suggestione, fu fatto edificare da Federico II sul luogo in cui probabilmente Ruggero aveva eretto un accampamento militare normanno. Dal 1500 divenne palazzo ducale della famiglia Pignatelli. Nel 1783 il terremoto lo devastò, determinandone l’abbattimento dell’ultimo piano e fu abbandonato, finché non è stato recuperato quale sede del museo archeologico.

Monteleone e il suo castello dopo il falegello del 1783 in un disegno dello Schiantarelli subito dopo il sisma

Il Museo è stato istituito nel 1969 ed è intitolato al conte Vito Capialbi (1790-1853), erudito vibonese che per primo raccolse e custodì le testimonianze della vita della città, ricostruendone la storia dalla fondazione della colonia locrese di Hipponion alla costituzione della colonia romana di Valentia. Ospitato inizialmente nell’antico Palazzo Gagliardi, dal 1995 il Museo ha sede nel Castello

I materiali esposti provengono dagli scavi effettuati nella città e nel suo territorio a partire dalle prime ricerche effettuate da Paolo Orsi nel 1921. Accanto ai reperti rinvenuti nelle indagini archeologiche, sono presenti quelli provenienti dalle prestigiose raccolte Capialbi, Cordopatri e Albanese. Le collezioni del Museo illustrano la storia e l’archeologia del territorio, dalla preistoria (primo piano) all’età greca (piano terra e primo piano) e a quella romana e medioevale (piano terra).

Il libro dei morti: la laminetta di Mnemosyne

Tra i reperti spicca la laminetta di Mnmosyne, una lamina aurea con un’iscrizione in dialetto deorico-ionico che fornisce consigli per il passaggio del defunto nel mondo dei morti. Sicuramente la più antica integra laminetta ritrovata nel mondo greco attestante il culro orfico.

Il busto di Marco Vipsanio Agrippa

Il busto in marmo giallo di Marco Vipsanio Agrippa

Tra gli altri capolavori esposti da segnalare il busto romano del generale Marco Vipsanio Agrippa, con il suo sguardo severo, Qualitativamente assai notevole, la la scultura è realizzata in un marmo venato, a grana fine, di colore giallo e giallo-crema intervallato da ampie macchie e venature calcareo-argillose, ocra e rossastre. Sembra quindi che abbia l’aspetto del “marmor Numidicum”, il cosiddetto “giallo antico” assai più prezioso del marmo bianco “lunense” nonché dei marmi bianchi greci. Da notare lo sguardo severo e la capigliatura ben delineata e precisa. Nel generale colorismo dell’insieme i dettagli di questa testa sono assai nitidi e precisi, e insieme alla accentuata plasticità della capigliatura ne indicano una datazione ad età ancora protoaugustea.

Busto di Messalina in basanite

Il busto in basanite rientrato dal museo di Princeton

Di particolare rilievo è anche il busto di donna in basanite risalente ad età claudia (41-54 d.C.), rientrato dal museo di Prinnceton dopo oltre un decennio. esposto proprio di fronte al busto di Agrippa, rinvenuto a Vibo Marina durante lo scavo di un’importante villa suburbana, fra il 1894 e la prima metà del ‘900. All’inizio era stato identificato come ritratto di Messalina, ma la mancanza di riscontri iconografici ha fatto accantonare l’ipotesi.
Ai tempi, la scoperta della statua fece scalpore, nonostante la bocca e il naso fossero danneggiate, in quanto sia il materiale (basalto nero), che la tecnica di esecuzione, erano di pregevole fattura. Grazie all’ottima resa della capigliatura, acconciata come prevedeva la moda dell’epoca si è potuto datare con precisione la statua al principato di Claudio, imperatore dal 41 d.C. al 54 d.C. E la capigliatura dotata di un ampio volume presenta un’acconciatura molto complessa e ben definita.
Tale scultura era stata concessa con prestito di lunga durata nel 2012 al Princeton University Art Museum e a seguito dell’impegno della Direzione Generale Musei è stata restituita da pochi mesi al Museo di Vibo Valentia.

Monetiere Capialbi e mosaico degli amorini pescatori

Il mosaico degli amorini pescatori (II sec. D.C.), particolare

Un’apposita sezione al primo piano espone parte della collezione del monetiere Capialbi che rappresenta un riferimento numismatico tra i più importanti in Calabria. All’esterno del Castello, verso la porta carraia, è possibile ammirare il mosaico degli amorini pescatori, con i colori spenti in quanto abbandonato alle imtemperie e necessitante di un restauro.

INDIRIZZO

via Antica Monteleone – Castello Normanno Svevo
89900 Vibo Valentia

ORARI

Sabato-Domenica 10.00-20.00 ultimo ingresso 19.00

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